DON RENATO LAFFRANCHI:
” ..Portato a Brescia da bambino dal mantovano Rivarolo dove ero nato alla fine del 1923, a Brescia ho fatto i miei studi dalle elementari alla maturità classica, devo dire con più angosce che meriti, visto che ero un pertinace somaro. Avevo pensato di andare poi
a Venezia a studiare arte, che era la cosa che più mi attraeva, ma sorprendendo i parenti e me stesso entrai invece nel seminario per diventare prete. Ci studiai quattro anni, mutilati purtroppo dalle frequenti interruzioni causate dalle restrizioni e dai pericoli della guerra.
Credevo di avere archiviato per sempre il sogno di diventare pittore e per il fascino straordinario delle materie di studio e per l’aria di diffidenza verso l’arte che tirava allora nella Chiesa, a protezione di chi sa quali morigeratezze e ortodossie. “
” ..Ma in quegli anni una vocazione inconsapevole e clandestina mi induceva a tradurre dissensi e disagi in feroci caricature di persone, situazioni e insegnamenti che, per mia fortuna, divertivano i superiori ai quali credevo celarle, tanto che se le passavano in Curia.
Ordinato prete nel ’46, dopo due anni in città, fui per sette anni a Pisogne, dove le luci e i colori del lago e l’esistenza di un grande stanzone nel povero appartamento del curato, furono le galeotte provocatrici a cominciare a dipingere. Pure ignaro com’ero di quella che chiamavano con disprezzo l’arte “moderna”, mi trovai spontaneamente ad
esprimermi proprio con i modi di quella, e della più audace. A quelle libertà poteva se mai essere tollerato, ma sempre censurabile, approdare dopo più serie esercitazioni accademiche; ma cominciare da lì era sospetto.
Il giovane prete che “dipingeva come Picasso“ incuriosì qualche esperto che venne da Milano a vedermi, fu convinto, e mi incoraggiò alla prime mostre.
Rischiai grosso; e mi salvò da accuse di eresie e di filocomunismo un vescovo benevolo e coraggioso che mi mandò nel ’55 dove sono tuttora, con l’incarico di dipingere dando una mano ai confratelli in cura d’anime. “
L’ARTE DI DON RENATO
” ..Questa collocazione piuttosto anomala dura ancora, per l’appoggio di altri quattro vescovi, obbedendo ai quali mi sono trovato a fare quel che sognavo di fare. Troppo pigro per cercarne, mi capitarono occasioni per mostre a Londra, in Brasile, Argentina, Canada, Stati Uniti e in Italia, delle quali sono grato per gli incontri e i contatti umani che, delle mostre, sono la cosa sola che mi interessi. Qualche esperienza di scenografia e di regia in casa e fuori mi ha consentito ogni tanto di assaporare le fatiche e gli incanti dell’altra “passione dominante” che mi possiede: il teatro. E qualche prova estemporanea come disegnatore di tessuti mi ha portato a sfiorare il mondo alieno dell’alta moda, aggravando l’immagine di un prete un po’ strano.
Non ho avuto successo nelle chiese, troppo spericolato da giovane e troppo tradizionale da vecchio, adesso che nella Chiesa il rapporto con l’arte è stato così affrettatamente cambiato; ma grazie a Dio non ne soffro. Mi son tirato dietro, con discontinue gratificazioni, piccoli greggi di “scolari” in viaggi in luoghi come l’Egitto, la Grecia, il Messico e la Turchia, per aiutare i miei amici ad accorgersi che, in tutti i tempi e dovunque, il Signore ha acceso presentimenti e figure della Rivelazione del Figlio.
È tutto qui. Non posso scrivere l’unica data importante del mio curriculum dopo quel lontano 28 dicembre del ’23, perché la ignoro.”
Nella Basilica Collegiata Insigne dei Ss. Nazaro e Celso è possibile ammirare due collezioni che vengono esposte come mostre temporanee. “Le sette antifone maggiori del tempo di Avvento” che vengono esposte durante il tempo di Avvento e di Natale e “Le via crucis” che vengono esposte durante il periodo di Quaresima e di Pasqua ogni anno.
LE VIA CRUCIS
LE SETTE ANTIFONE MAGGIORI DEL TEMPO DI AVVENTO
Renato Laffranchi – don@renatolaffranchi.it