Nel primo Medioevo il quartiere dei Santi Nazaro e Celso era un borgo fuori dalle mura della città, che finivano presso la chiesa di Sant’Agata, dove era anche presente una porta d’ingresso a Brescia.
A seguito dell’assedio di Federico II di Svevia si può riscontare la prima vera e propria citazione scritta, grazie a uno studio per ampliare le mura cittadine condotto da Alberigo da Gambara, riguardante l’antenata dell’attuale Collegiata: una chiesina dedicata ai Santi Nazaro e Celso con un solo sacerdote a custodirla, dipendente dall’allora più importante Sant’Agata.
Nel XIV secolo, per impulso del vescovo Bernardo Maggi, la chiesina di campagna venne quindi sostituita da un’altra costruzione, leggermente spostata rispetto alla struttura precedente, le cui fondamenta probabilmente erano in parte nel sito attuale della Chiesa.
Il Collegio voluto dal vescovo era composto da cinque sacerdoti praticanti la regola di Sant’Agostino e che erano presieduti da un Prevosto. Il Collegio riusciva a vivere agiatamente grazie rendite di Pedergnaga, Scarpizzolo e Farfengo, lasciate in dote alla comunità da Ottonello di Riccardo Martinengo.
Fu proprio grazie a queste rendite, a future donazioni decisamente cospicue e all’attività di molti Prevosti provenienti dalle famiglie della nobiltà bresciana che San Nazaro riuscì a diventare il secondo centro religioso per importanza dopo la Cattedrale.
Il Rinascimento
Il periodo della Rinascenza fu anche per San Nazaro un momento di grande prestigio e evoluzione.
Dalla metà del XV secolo sotto la guida di monsignor Giovanni Ducco si inizia il rinnovo della chiesa, probabilmente in stile tardogotico, le innovazioni bramantesche al tempo non erano ancora giunte nei nostri luoghi, e grazie anche ai fondi ottenuti con il lascito Martinengo di Perdegnaga.
Come fosse di preciso la chiesa tardogotica non è dato saperlo, poiché non ne rimane traccia se non nelle descrizioni di visite pastorali, come racconta Giulio Tedeschini, in un’incisione della città del Carboni e in un disegno della cappella del Santissimo Sacramento del 1667.
Incredibilmente, però, abbiamo una testimonianza diretta sulle vicende, i problemi e i personaggi che hanno avuto un ruolo nel rinnovo della Collegiata grazie alle pergamene di Longena, trovate negli archivi degli Spedali Civili di Brescia. Cinque fogli membranaceni incollati in cui vi sono date precise e puntigliose descrizioni notarili sulle maestranze e gli artisti che hanno lavorato al cantiere.
Il Cinquecento
Il borgo di San Nazaro conosce un maggiore sviluppo sotto la dominazione Veneta, nel 1488 viene iniziata la costruzione, proprio a pochi passi dalla Collegiata, del Santuario cittadino di Santa Maria dei Miracoli, senza l’entusiasmo del prevosto Giovanni Ducco, fulgido esempio in un linguaggio rinascimentale moderno e leggiadro, con marmi policromi e il lavoro delle maggiori maestranze del territorio.
La Collegiata diventa sempre più importante, e alla sua guida si susseguono Prevosti di grande prestigio e con importanti contatti con la Curia romana e il panorama politico Italiano: Raffaele Riario dal 1496, che dovette però cedere presto la posizione a causa di pressioni popolari dato che il Monsignore non era mai presente sul territorio bresciano; Ottaviano Ducco nel 1504 gli susseguì e dopo di lui si insediò nel 1515 Altobello Averoldi, le famiglie Ducco e Averoldi si alternarono al comando del collegio per molti anni e contribuirono enormemente all’ arricchimento della Collegiata di opere, arredi e paramenti.
Nel 1571 avviene un’importante visita Pastorale presso la Collegiata Insigne da parte di San Carlo Borromeo, che, conformemente agli ideali della Controriforma, era estremamente sospettoso e poco incline ad ammirare la complicata situazione politico-amministrativa di San Nazaro e si profuse in lunghi interrogatori, molte pagine di relazioni e “ordinationes” che i canonici di San Nazaro confutarono punto per punto pur di mantenere la propria indipendenza e i propri privilegi.
Il Seicento
In questi anni le modifiche della chiesa tardogotica si susseguono numerose, ma senza un piano preciso e organico, basandosi semplicemente sulle esigenze del momento. Molte cappelle vengono rimodernate, come quella del Santissimo Sacramento, ridecorata nel 1613 da Ottavio Viviani, subirono modifiche anche la cappella del Corpus Domini e di San Bartolomeo verso il 1616 e nel 1620 anche quella dedicata a San Carlo.
Inoltre in questo periodo la Collegiata si trova sotto il comando di Prevosti sempre più assenteisti, più interessati alla politica di Roma che alla chiesa bresciana.
Nel 1630 imperversa la peste e anche la Collegiata deve far fronte alle terribili conseguenze dell’epidemia e quindi solo nel 1638 si inizia a occuparsi di nuovo della chiesa.
Sempre grazie ai fondi ricavati da una donazione che il Prevosto Giuseppe Franzoni, nominato alla direzione del Capitolo, e interruttore della sfortunata “presenza” di parroci forestieri, nel maggio del 1667 decise di rinnovare completamente il Coro ligneo, chiedendo l’aiuto finanziario di tutto il Collegio. Viene chiamato l’intagliatore Lelio Zucchi e il coro avrà una forma quadrata, in seguito modificata con il rinnovo della chiesa nel 1173, e sarà uno splendido esempio di citazioni e manierismi barocchi. Per poter porre degnamente il coro nella sua posizione Giuseppe Franzoni decreta il rinnovo del pavimento absidale. In seguito i rinnovi continuano nelle cappelle, negli altari e nella sagrestia.
Saranno proprio questi importanti lavori a dare il via a quello che, cento anni, dopo sarà la ricostruzione totale della Collegiata.
Il Settecento: il Nuovo Grande Tempio
Il rinnovo della Collegiata è un po’ anche la storia e la vita del vescovo Alessandro Fè, patrizio bresciano, nato nel palazzo antistante San Nazaro dopo essere stato nominato a capo del Capitolo si mette subito in opera per poter dare una nuova dignità e un nuovo prestigio alla chiesa.
Nel 1746 affida al Sacerdote Giuseppe Zinelli il progetto per il rinnovo della Collegiata, nel 1570 i due si recano a Roma e ottengono l’approvazione la benedizione del progetto da parte di Papa Benedetto XIV, che si diceva entusiasta del progetto e delle capacità del seppur giovane vescovo Fè.
Dopo le approvazioni papali Alessandro Fè non perde tempo e si chiede il consulto anche di altri architetti ed esperti per rifinire il progetto.
Nel 1753 inizia il cantiere, di cui abbiamo testimonianza nel “Libro delle parti di San Nazaro”, conservato nell’archivio della parrocchia, grazie al quale è possibile seguire il rinnovo della chiesa fin nei minimi particolari.
Si comprende quindi che il rapporto tra i canonici e lo Zinelli comincia subito a farsi teso, probabilmente a causa di politiche interne, ma forse soprattutto per colpa del carattere ombroso e autoritario dell’architetto che accettava malvolentieri interventi o consigli riguardanti il rinnovo della Collegiata, tanto che ad un certo punto nel 1759 il direttore dei lavori del cantiere si dimette e persino il vescovo Fè entra in conflitto con lo Zinelli per divergenza di opinioni sulle pratiche litugiche.
Le tensioni continuano anche dopo un’ispezione dei lavori sponsorizzata dal Capitolo da parte del famoso Domenico Corbellini per avere una relazione precisa su come sono svolti i lavori.
Infine date le continue tensioni vengono chiamati a dare un’opinione decisiva Corbellini e l’abate Antonio marchetti, anch’egli famoso architetto, che si schierano drasticamente contro lo Zinelli. Quest’ultimo viene esonerato dai lavori dal Capitolo dopo un’accesa discussione e rimanendone profondamente mortificato decide di abbandonare anche il Canonicato.
La fabbrica viene quindi interamente affidata al marchetti che modifica il progetto e da un nuovo imput ai lavori.
In seguito si riscontrano sempre più disagi tra i canonici poiché per non cessare le attività religiose e parrocchiali la chiesa mantiene due corpi coesistenti quello antico e quello nuovo. Dopo due anni di studi il Marchetti finalmente completa la parte più delicata del progetto: nel 1767 consegna i disegni del coro e dell’abside, i luoghi più delicati del rinnovo.
Il 18 agosto 1769 vi è un freno ai lavori per un incidente nella vicina porta di San Nazaro dove esplode la polveriera. L’onda d’urto danneggerà parte dei lavori e delle strutture, tanto che per la prima volta la liturgia e il capitolo vengono spostati nel santuario dei Miracoli.
Nel 1774 l’abside è conclusa, si passa quindi all’ultima fase della ricostruzione che comprende le cappelle nord, il raccordo con la cinquecentesca casa parrocchiale e le coperture.
Il 9 maggio 1780 la chiesa è compiuta e si decide di solennizzare la fine dei lavori con un triduo.
Nel 1797 il Capitolo viene sciolto dalla Repubblica Bresciana, azione di chiaro stampo napoleonico, ma il titolo di collegiata insigne viene mantenuto tutt’ora.
Architettura
Lo stile della Collegiata dei Santi Nazaro e Celso è Neoclassico. La pianta si presenta a navata unica con cinque cappelle minori per lato, un pronao che funge da ingresso (probabilmente in ricordo del portico d’ingresso della chiesa tardogotica) separato dalla navata principale da due colonne giganti corinzie, un grande presbiterio sormontato da una cupola e un’abside semicircolare sormontato da una semi cupola.
La volta è a botte suddivisa in campate e le cappelle sono suddivise da semicolonne corinzie sormontate da una trabeazione sporgente decorata.
La facciata è imponente suddivisa in due ordini: il primo corinzio con quattro colonne più quattro semicolonne polistile che sorreggono il timpano con sopra una trabeazione sporgente decorata dalle statue di Cristo e sei santi, il secondo è più arretrato, oltre la balaustra e la trabeazione e presenta un semplice timpano scarsamente decorato.
L’ingresso principale, come in forma minore i due laterali, presenta due semicolonne a lesena che sostengono un timpano semicircolare con un cartiglio al suo interno, sopra quest’ultimo vi è un busto in memoria del vescovo Alessandro Fè.
Gli Altari
- Altare di San Rocco
- Altare di San Giovanni Nepomuceno
- Altare del Santissimo Sacramento
- Altare di San Giuseppe
- Altare della natività
- Altare della Beata Vergine della salute
- Altare dell’Incoronata
- Altare di San Bartolomeo apostolo
a cura di Benedetta Donzellini